Recensioni – Sul non perdere le ceneri di mio padre nell’alluvione
Zest – giugno 2018
La morte, nella poesia di Richard Harrison, ha una tragica banalità, anche se è quella del padre, il poeta canadese non ricerca infatti lirismi che abbiano il tintinnio del bello, lui ha sistemato la prosa nei versi e i versi nella prosa usando un linguaggio piano, colloquiale, come stesse parlando al vicino di letto, in ospedale, per condividere una comune afflizione.
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ClanDestino – agosto 2018
La poesia è qualcosa di nascosto anche se è sotto gli occhi di tutti. Harrison ci racconta il segreto confessabile della poesia. Il rapporto padre/figlio non è un vincolo
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Cartesensibili – agosto 2018
“Quel sul, che da qualche parte del mio cervello anomalo, credo, lavora per continue e stravaganti analogie, ramifica pensieri che interpreto per fantasmi di altri, intrufolandoci segni e sensi, le emo-azioni ineguagliabili, beh, quella me che scopro anch’io passo passo anche nei passi degli altri, mi ha messo su una pista inaspettata. Non una pista d’aereo che decolla!”
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VersanteRipido – novembre 2018
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Atelier Poesia – ottobre 2018
Due sono le linee di sviluppo della raccolta di poesie di Richard Harrison, On not losing my father’s ashes in the flood, (tradotta in italiano da Riccardo Frolloni, con il titolo Sul non perdere le ceneri di mio padre nell’alluvione, Round Midnight Edizioni, Campobasso, 2018): una personale ed una collettiva, storica. Fin dalla prima poesia, che dà titolo all’intera raccolta, appare evidente come questi due temi, il padre e l’alluvione, apparentemente inconciliabili, trovino nella poesia un fertile terreno comune: l’urna contenente le ceneri viene data per dispersa inseguito alla tragedia che investì l’Alberta nel 2013, salvo poi essere quasi miracolosamente ritrovata in «a box of books and a remote-controlled car».
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Mangialibri – novembre 2018
“La ‘round midnight pubblica per la prima volta in Italia un’antologia poetica del rilevante autore canadese Richard Harrison, nato a Toronto nel 1957. E come esordio, tra le otto opere già conosciute in larga parte del mondo, offre al lettore la silloge con cui il poeta si è aggiudicato il Governor General’s Award per la poesia in lingua inglese oltre ad altri importanti riconoscimenti. All’editore, che ha colmato questo vuoto ormai insostenibile con il presente libro in lingua e traduzione, va dunque il merito di aver compiuto un’operazione che trascende la pratica del rituale sacerdozio editoriale.”
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Biblioteca Statale Isontina di Gorizia – gennaio 2019
Pensando alla perdita di tuo padre, cosa significa scrivere a proposito di una assenza, di una mancanza, di un addio?
Questo libro è parte del mio addio a mio padre, perché è la storia delle ultime cose che lui mi ha insegnato riguardo alla poesia.
Ho scritto alcune altre poesie dopo questo libro, e una di queste è il mio congedo dalla sua stessa morte, che è un altro modo di dirgli addio. Non avrei potuto scrivere nessuna di queste poesie, se non avessi scritto così tanto della sua vita, e a causa della mia ossessione per ciò che manca, e per le assenze che ne fanno parte.
Forse tutti gli artisti alla fine sono in parte motivati dalle storie incomplete.
Mio padre era un soldato che, come molti soldati, non parlava molto delle esperienze che lo hanno formato, ed io ho scritto di queste mancanze, che hanno avuto effetto su tutti noi per tutta la vita. Nei tardi anni settanta ho scritto una delle mie prime poesie, poi pubblicata, in cui dicevo che le cose che mio padre non mi aveva detto erano un “silenzio dentro il quale ho gettato le mie parole/ un dentro per trovarlo/ dove il campo di battaglia non è mai abbandonato,/ nemmeno nei sogni.” E proprio quest’anno, questo verso è apparso nella mia più recente poesia: “io trovo la poesia in ciò che non posso vedere.”
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